Presentati i primi dati del monitoraggio su 4 mila strutture dell’Osservatorio nazionale sulle case di riposo e sulle residenze per anziani
dello Spi-Cgil. Il 74% ospita anziani non autosufficienti, ampia la forbice delle rette nel Paese. “Sollecitare la politica costruire una legge sulla non autosufficienza”
ROMA – “Private, costose e poco trasparenti”: così sono le strutture residenziali per anziani in Italia secondo la fotografia dello Spi-Cgil, il sindacato dei pensionati, che ha avviato l’Osservatorio nazionale sulle case di riposo e sulle residenze per anziani e il 24 ottobre 2017 ha presentato alla Camera dei Deputati i primi dati del monitoraggio su 4 mila strutture in tutta Italia. Obiettivo dell’iniziativa è quello di sollecitare la politica nel costruire una legge sulla non autosufficienza, “dando così una risposta ai bisogni e ai problemi di milioni di persone e delle loro famiglie”. Il 74% di queste strutture ospita anziani non autosufficienti e oltre l’80% sono di medio-piccole dimensioni e non superano i 100 posti letto.
Il primo dato che balza all’occhio è la predominanza di strutture private su quelle pubbliche
infatti secondo il report del sindacato dei pensionati, solo il 14% delle strutture oggetto del monitoraggio sono pubbliche e gestite direttamente dai comuni, dalle associazioni o consorzi ad essi legate, da Aziende sanitarie o da Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP). Il restante 86% sono invece gestite da privati, enti religiosi, Onlus, Fondazioni e cooperative.
Rette, la “forbice” tra pubblico e privato
A livello economico continuano ad essere convenienti le strutture pubbliche, le cui rette massime nel 46% dei casi non superano i 60 euro al giorno (circa 1.800 euro al mese). Di gran lunga inferiore alla spesa che le famiglie devono sostenere nelle strutture private, dove la retta può arrivare (nel 39% dei casi) oltre gli 80 euro giornalieri (circa 2.500 euro al mese). Tra queste ultime le più costose sono quelle riferite all’area profit (54% ha rette superiori agli 80 euro giornalieri), seguite da quelle gestite da cooperative, dalle Fondazioni e dagli enti religiosi. Le rette massime riguardano principalmente le strutture che si occupano di persone non autosufficienti e le strutture di grande dimensione, basse solo nel 17% dei casi mentre nel 45% superano gli 80 euro giornalieri.
Nel pubblico alto tasso di trasparenza
Altro dato importante che emerge dalla fotografia dello Spi Cgil è quello relativo alla trasparenza. Se infatti il 68% delle strutture fornisce informazioni ai propri assistiti o alle loro famiglie circa i servizi da esse erogati (77% ha un sito web), sono solo il 38% quelle che pubblicano la Carta dei servizi. Va decisamente meglio in quelle pubbliche, che nell’86% dei casi danno informazioni più o meno dettagliate. Nel privato poco più della metà degli enti religiosi che gestiscono strutture residenziali per anziani (il 55%) fornisce informazioni a fronte del 68% delle cooperative, il 69% delle aziende private di mercato, il 76% delle onlus e il 74% delle fondazioni.
In crescita le case famiglia
Il report dell’Osservatorio segnala la crescita delle case famiglia e delle strutture a carattere comunitario (che possono ospitare nel primo caso fino a 6 persone e 20 nel secondo) segnalando un rischio. “Per avviare questa particolare attività commerciale basta una semplice dichiarazione (la Dia) e non c’è bisogno di una autorizzazione preventiva al funzionamento. – si legge – In questo modo anche persone senza competenze e conoscenza del settore dell’assistenza socio-sanitaria agli anziani possono aprire e gestire una struttura residenziale“. Ne deriva una situazione per la quale “le tariffe sono fuori controllo”, poiché la “competizione fra case famiglia può generare fenomeni di bassa tariffazione a cui però corrisponde l’erogazione di servizi di bassa qualità”.
da notizie flash:
https://www.anzianiincasa.it/?s=casa+di+riposo+anziani&submit=Cerca
Sitografia:
anzianiincasa* 30 ottobre 2017