“Elementi di valutazione del rischio e indicazioni per un uso corretto dei materiali a contatto con gli alimenti”
Alla luce dei risultati finali dello studio svolto dal Laboratorio nazionale di riferimento (LNR) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS): “Studio dell’esposizione del consumatore all’alluminio derivante dal contatto alimentare”, volto a verificare se la migrazione dell’alluminio derivante dall’uso di contenitori utilizzati per la cottura o la conservazione degli alimenti rappresentasse un rischio per i consumatori in condizione reali di esposizione, la Direzione generale per l’igiene, la sicurezza degli alimenti e la nutrizione (DGISAN), ha inoltrato alla Sezione 1 del CNSA, una nuova richiesta di parere, che tenesse conto dell’esito dello studio citato e dello studio di Dieta Totale Nazionale (ISS).
La DGISAN ha inviato, in un secondo momento, anche i risultati della ricerca “Determinazione del contenuto di alluminio in alimenti quali manzo, pollo, e pesce in seguito a cottura utilizzando pellicola commerciale di alluminio”, svolto dall’Università di Milano.
La Sezione 1, vista in particolare la relazione finale dello studio dell’ISS, che ha consentito di meglio definire l’entità del rischio rispetto ad alcune modalità di preparazione (es. brodi vegetali e di carne) e considerando specifiche fasce di popolazione, nonché degli ulteriori studi a corredo delle richieste della DGISAN, ha ritenuto necessario rivalutare la problematica, tenendo conto del proprio precedente parere, al fine di fornire alla direzione generale richiedente, competente per la gestione del rischio nella catena degli alimenti, informazioni aggiuntive a quelle già previste, nell’ambito della etichettatura, dal DM 18 aprile 2007 n. 76, art. 6, riguardanti il corretto uso dei MOCA (Dichiarazione di conformità per i Materiali e Oggetti destinati ad entrare in Contatto con Alimenti) contenenti alluminio per le fasce più a rischio.
Valutazione degli studi
Come già affermato nel precedente parere, la via primaria di esposizione all’alluminio per la popolazione generale è quella alimentare; già nel 2008 l’EFSA, attraverso l’opinion “Safety of aluminium from dietary intake”, ha definito una dose settimanale tollerabile (TWI) pari a 1 mg/kg p.c./settimana, corrispondente ad es. a 20 e 70 mg di allumino/settimana, rispettivamente, per un bambino di 20 kg e per un adulto di 70 kg.
I dati scaturiti dagli studi condotti negli Stati membri, indicano una significativa probabilità di superamento della TWI nei bambini e nei giovani poiché maggiormente esposti all’alluminio contenuto negli alimenti.
La TWI definita da EFSA, nonché il suo possibile superamento dovuto all’utilizzo di MOCA, sono stati presi in considerazione anche dagli studi valutati ai fini del presente aggiornamento:
Sulla base di tali risultati, pertanto, si raccomandano indagini più dettagliate. Lo Studio svolto dal LNR dell’ISS, stima che i bambini da 1 a 9 anni rappresentano la categoria di consumatori esposti a livelli significativamente superiori al TWI in funzione del livello di cessione e della frequenza di consumo (come ad es. nei brodi)
per contro, le fasce di età superiori risultano meno esposte sia per le diverse abitudini alimentari sia per il minore rapporto consumo di cibo/peso corporeo.
A tale proposito la Sezione 1 del CNSA rammenta che i bambini, oltre ad essere più esposti, rappresentano una fascia biologicamente suscettibile agli effetti neurotossici dell’allumini lo studio svolto dalla Università di Milano è dichiaratamente preliminare in quanto prende in considerazione solo tre matrici alimentari (pesce, pollo, manzo) e non entra nel merito della composizione dei fogli di alluminio utilizzati per analizzare i livelli di cessione del metallo.
Tuttavia, la Sezione 1 del CNSA nota che i risultati giustificano, di per sé, attenzione e preoccupazione, in quanto la possibile esposizione del consumatore potrebbe portare al superamento della TWI, almeno nei bambini, anche in assenza di condimento.
I risultati dello studio confermano inoltre che l’aggiunta di un condimento acido (quale ad es. il succo di limone) aumenta ulteriormente la cessione.
La necessità di una specifica attenzione verso la composizione dei MOCA in alluminio e l’effetto di cessione da parte delle diverse leghe è sottolineata dallo studio del LNR ISS, già citato. Tale studio prende in considerazione le diverse leghe di alluminio, i diversi tipi di condimenti che favoriscono la migrazione e molteplici tipologie di alimenti e tecnologie di cottura, evidenziando come questi fattori influenzino le dinamiche di cessione in modo anche
significativo.
La Sezione 1 del CNSA ritiene che i risultati dei nuovi studi apportino una conferma alle conclusioni del proprio precedente parere e consentano di identificare con maggiore precisione le condizioni d’uso e le fasce di popolazione alle quali rivolgere una specifica attenzione.
In particolare:
Pertanto, la Sezione 1 del CNSA ritiene che:
In aggiunta, la Sezione 1 del CNSA raccomanda:
La promozione da parte del Ministero della Salute di studi sulla valutazione del rischio per la salute umana derivante da MOCA contenenti alluminio.
La Sezione 1 del CNSA auspica che tali studi integrino i seguenti elementi:
La Sezione 1 del CNSA nota inoltre che validi dati sulla popolazione umana potrebbero essere importanti per un eventuale aggiornamento della TWI definito da EFSA, che data oramai al 2008 e si basa esclusivamente su studi tossicologici sperimentali
L’uso di materiali alternativi o leghe, che minimizzino la cessione, sulla base di solide evidenze. A tale proposito, la Sezione 1 del CNSA raccomanda l’avvio di azioni atte a contenere l’esposizione, in particolare, delle fasce a rischio (bambini sotto i 3 anni, anziani sopra i 65 anni, donne in gravidanza, persone con funzionalità epatica compromessa) a livelli inferiori al TWI definito da EFSA, mediante l’utilizzo di MOCA contenenti alluminio, tenendo conto del contributo che questa via di esposizione rappresenta.
Sommario
I risultati dei nuovi studi consentono di confermare le conclusioni del parere del 2017 riguardo la migrazione da utensili o imballaggi, condizionata dalle modalità d’uso, come fonte di esposizione alimentare all’alluminio e rafforzano l’attenzione dovuta al potenziale rischio per la salute, con particolare riguardo alle fasce più vulnerabili, rappresentate da bambini sotto i 3 anni, anziani sopra i 65 anni, donne in gravidanza, persone con funzionalità renale compromessa.
La Sezione 1 auspica, pertanto, l’elaborazione sia di un piano di monitoraggio relativo alla presenza e rilascio di alluminio dai materiali a contatto sia idonee modalità di informazione e comunicazione del rischio rivolte ai
cittadini e alle imprese.
Inoltre, raccomanda:
sitografia:
n.b. L’alluminio è tossico per il sistema nervoso centrale, come altri metalli pesanti, nel caso in cui l’organismo non sia in grado di espellerlo, ad esempio in caso di gravi malattie renali. È meno dannoso, ma altrettanto e (nei soggetti più vulnerabili) anche più persistente dei più noti mercurio, cadmio, piombo. Secondo un dossier dell’Istituto superiore di sanità e di altri Istituti di ricerca internazionali, in merito alla sua tossicità, l’alluminio e le sue leghe, utilizzati per contatto con alimenti, costituiscono una potenziale fonte di esposizione umana a questo metallo attraverso l’alimentazione. La migrazione di alluminio dipende da fattori combinati quali tempo, temperatura, stato fisico e composizione alimentare. In particolare, esso migra in quantità più elevate in matrici acquose, acide o salate specialmente se a contatto per tempi prolungati e a temperature non refrigerate.
Ti può interessare:
Parere n. 19, 2017 http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2608_allegato.pdf
Articoli interessanti/*anzianiincasa_dicembre 2019
I risultati dei nuovi studi consentono di confermare le conclusioni del parere del 2017 riguardo la migrazione da utensili o imballaggi, condizionata dalle modalità d’uso, come fonte di esposizione alimentare all’alluminio e rafforzano l’attenzione dovuta al potenziale rischio per la salute, con particolare riguardo alle fasce più vulnerabili, rappresentate da bambini sotto i 3 anni, anziani sopra i 65 anni, donne in gravidanza, persone con funzionalità renale compromessa.