di Massimo Chiavacci
Aveva ricevuto un regalo: una sua amica gli aveva riportato un breve testo intitolato “Irriverente presunzione” che lui aveva scritto quasi venti anni prima ed era ormai diventato quasi illeggibile sulla carta scolorita dal tempo.
L’uomo, che aveva dimenticato l’esistenza di quelle parole, non fece fatica a scorgere qualcosa di suo in quelle frasi provenienti da un’altra età: “Pensava di aver fatto uno sbaglio tornando in città. A sera, in una fredda giornata di fine dicembre, trascinava le sue vecchie membra ed i suoi sensi offuscati tra passanti distratti che si muovevano dentro un caos di luci e di rumori. Non temeva la morte, ma gli restava, nella confusione dei suoi pensieri, solo un’ombra dell’insaziabile vitalità giovanile: aveva sperato fino all’ultimo di beffarsi delle parole vuote ed insincere di uomini e donne, ma quel giorno proprio non ci riusciva; si sentiva sempre più solo, malinconico ed esangue. Non si riconosceva più. Ritrovò se stesso solo nella calda penombra di un ampio edificio dove molte persone celebravano, in tutta serietà, la nascita, avvenuta circa venti secoli prima, di un suo presunto figlio.”
L’uomo non si identificava ancora con il vecchio stanco e confuso che sembrava solo attendere la fine, ma avrebbe voluto, un giorno, possibilmente lontano, trovare la sua stessa forza per un nuovo, ultimo, sogghigno prima che calasse per sempre il sipario, come obbedendo all’ebbro invito di un grande poeta maledetto: “Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo. Altrimenti, non cominciare mai. (…) E ciò sarà migliore di qualsiasi altra cosa tu possa immaginare. Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo. Non esiste sensazione altrettanto bella. Sarai solo con gli Dei. E le notti arderanno tra le fiamme. Fallo, fallo, fallo. FALLO! Fino in fondo, fino in fondo.
Cavalcherai la vita fino alla risata perfetta. È l’unica battaglia giusta che esista.”
Racconti & Ricordi*anzianiincasa_2019