Il consumo di alcol in Italia conferma la tendenza osservata negli ultimi anni d’incremento – pur non stasticamente significativo – del consumo pro-capite passato dai 7,5 lt alcol puro del 2016 ai circa 8 litri del 2018 (stima OMS) con una media triennale di 7,84 litri pro-capite. Sono più di 36 milioni i consumatori di alcolici nel 2019 (M=20 milioni; F=16 milioni), il 77,8% degli italiani di 11 anni e più e il 56,5%, delle italiane per le quali si conferma il trend in crescita dal 2014. La prevalenza degli astemi nel 2019 è stata del 18,3% tra gli uomini e del 38,1% tra le donne, e per queste il trend continua a diminuire, facendo registrare un ulteriore decremento del 3,4% rispetto all’anno precedente.
Nel 2019, sono circa 8,2 milioni d’italiani (5,7 milioni, 21,5 %) e d’italiane (2,5 milioni, 8,9 %) di età superiore agli 11 anni le persone che hanno adottato su base regolare, quotidiana, modalità di consumo a rischio di bevande alcoliche con evidente e sostanziale invarianza da oltre 8 anni, fatta eccezione per una riduzione tra i consumatori a rischio di sesso maschile dal 23,4 % del 2018 al 21,5 % del 2019.
I dati pre-Covid del 2019, presentati nel corso dell’APD e cui si riferisce il Rapporto ISTISAN 2021/7 e la Relazione annuale del Ministro della Salute, trasmessa a maggio 2021 al Parlamento, evidenziano nell’analisi per classi di età che le fasce di popolazione con consumatori più a rischio è, per entrambi i generi, quella dei circa 750.000 minorenni, prevalentemente 16-17enni (M=42,2%; F=39,2%), seguita da oltre 2,7 milioni di anziani ultra-65enni ( M=34,0% ; F= 8,6 %), fascia in cui un maschio su tre e una donna su dieci consuma secondo modalità a rischio. La prevalenza di consumatori a rischio di sesso maschile è superiore a quelle delle donne per tutte le classi di età a eccezione dei minorenni. La persistenza di uno zoccolo duro rappresentato da un numero così elevato di consumatori e consumatrici a rischio appare peraltro ulteriormente aggravato dal riscontro recentissimo, non ricompreso nei report ed elaborato come appendice statistica in un factsheet per l’APD, di un incremento al 23,6 % per i maschi e al 9,7 % per le femmine nel corso del 2020 che consumano a rischio (unico dato reso disponibile dall’analisi preliminare dell’indicatore di sintesi ISS, condiviso dall’ISTAT sui dati BES, Benessere Equo e Sostenibile, per l’anno del lockdown). A preoccupare in particolar modo è l’aumento registrato nel 2020 delle giovani consumatrici a rischio, le 14-17enni, che superano per numerosità, per la prima volta, i loro coetanei consumatori a rischio (F=30,5%; M=28,4%) in un quadro complessivo d’incremento del rischio al femminile diffuso a tutte le classi di età sino ai 60 anni e di incrementi registrati tra i maschi, più evidenti tra i 35-e i 60 anni.
Altra variabile collegata al rischio è il bere per ubriacarsi, il binge drinking, l’abbuffata alcolica di 6 o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione, modalità a rischio seguita da oltre 3,8 milioni di consumatori (2,8 milioni maschi; 1 milione femmine) di cui 830.000 11-25enni (21,8 % del totale dei binge drinkers in Italia) che giungono all’intossicazione, rappresentando un grave problema sia di salute che di enorme pressione sul sistema di pronto intervento per le procedure di disintossicazione e di ricovero. Nel 2019 i binge drinkers rappresentano il 10,8% tra gli uomini e il 3,5% delle donne di sopra gli 11 anni; lo studio dei modelli di consumo tra i giovani ha mostrato che nel 2019 i livelli più elevati in assoluto nella popolazione hanno riguardato in particolare il 16% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età, di questi il 20,6% maschi e l’11% femmine,
L’approvvigionamento delle bevande alcoliche non ha conosciuto pause nel periodo del lockdown e il mercato ha rafforzato nuovi canali alternativi e anche meno controllati relativamente l controllo del divieto di vendita a minori , cambiando molte abitudini, tra le altre anche gli acquisti su canali online di e-commerce, che, per il settore delle bevande alcoliche, si stima abbiano conosciuto un’impennata nel 2020 tra il 181 e il 250% nell’home delivery, con un aumento dei consumi domestici registrati da più settori.
L’isolamento ha favorito un incremento di consumo incontrollato anche favorito da aperitivi digitali sulle chat e sui social network, spesso in compensazione della tensione conseguente all’isolamento, alle problematiche economiche, lavorative, relazionali e dei timori diffusi nella popolazione resa sicuramente più fragile dalla pandemia.
I servizi di alcologia e i dipartimenti per le dipendenze e di salute mentale, a causa delle chiusure obbligate dall’impossibilità di ricevere utenti in presenza, hanno registrato una crescita di difficile gestione prima, durante e dopo i lockdown per la scarsità delle risorse a disposizione, per la quantità di richieste inevase per le restrizioni anti-COVID-19 e l’impreparazione relativa a soluzioni digitali solo tardivamente introdotte in maniera disomogenea sul territorio dimostrando i gap da colmare con una indispensabile riorganizzazione degli aspetti organizzativi, gestionali, funzionali e logistici delle strutture del SSN. L’Osservatorio Nazionale Alcol e il Centro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la promozione della salute e la ricerca sull’alcol dell’Istituto Superiore di Sanità, attraverso la rete di collaborazioni internazionali, anche attraverso audizioni in Senato sta partecipando e mettendo nelle disponibilità dei decisori politici tutte le evidenze utili per delineare e implementare rinnovate strategie e i piani di azione e prevenzione.
Nel corso del 2019 si sono verificati complessivamente 43.148 accessi in Pronto Soccorso (M=29.860; F= 13.288) caratterizzati da una diagnosi principale o secondaria attribuibile all’alcol, il 69% erano maschi e il 31% femmine. La maggior parte degli accessi al PS si riferisce alle persone tra i 18 e i 44 anni ma colpisce che ancora il 10 % circa degli interventi sia richiesto per i giovani sotto i 18 anni (2573 accessi per i maschi e 2150 per le femmine), dato molto preoccupante alla luce dell’incremento del 18% registrato per i maschi e del 25% per le femmine. Anche qui è da sottolineare come la differenza fra i generi – marcata nelle altre fasce d’età in cui gli accessi per i maschi sono molto superiori a quelli delle femmine – sia molto meno ampia nei minorenni. Nel 2019 sono state registrate complessivamente 54.001 dimissioni ospedaliere per problemi causati totalmente dall’alcol con una prevalenza per malattie epatiche croniche o cirrosi, disturbi mentali, dipendenza o abuso di alcol anche causa d’incidentalità stradale evitabile.
Alla mortalità è da aggiungere quella parzialmente attribuibile all’uso di alcol già stimata dall’OMS e dal WHO Collaborating Center in ISS: 17.000 decessi evitabili (M=11.670; F=5.159) per cancro, cirrosi epatica, malattie cardiovascolari e incidentalità stradale che sommano oltre l’87 % della mortalità evitabile parzialmente attribuibile all’alcol.
“Alla luce dei dati riportati” conclude Emanuele Scafato, direttore del Centro OMS per la ricerca sull’alcol e dell’Osservatorio Nazionale Alcol in ISS e responsabile ai sensi del della sorveglianza SISMA (DPCM 3/3/2017) per il monitoraggio alcolcorrelato “è evidente che le azioni da intraprendere non sono di esclusiva natura e competenza sanitaria. Il day after della pandemia deve potersi connotare per attivazione di risorse e strategie, già richiamate dall’OMS e dalla Commissione Europea ad esempio attraverso l’ EU beating cancer plan, che mirino all’era post-COVID-19 con nuovi modelli d’intercettazione dei rischi da alcol, favorendo la formazione del personale sanitario, come l’ISS già fa da oltre un decenni, e attivando nuove strategie di prevenzione che attraverso un rinnovato Piano Nazionale Alcol e Salute garantiscano adeguatezza agli interventi”.
sitografia:
InformazioniUtili* anzianiincasa_agosto 2021