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Ricordi

Ricordi

di  Adriana Colli

Sono nata ottant’anni fa nel mese di Marzo durante la Seconda guerra mondiale, a Colico, sul Lago di Como, (allora non si nasceva in ospedale) arrivava a casa la levatrice che con la sua esperienza, una bacinella d’acqua calda e dei teli puliti concludeva l’evento. Non so se la signora Maria fosse laureata in medicina o altro ma so che negli anni 1940 fece nascere la maggior parte dei bambini del paese. Appena cominciai a capire e ricordare mi fu detto che avevo pochi giorni quando mi ammalai, ed ero destinata ad una morte sicura vista la precarietà dell’ assistenza sanitaria, invece fui salvata dal Dott. Andiloro, medico militare in forza in quel periodo presso il Forte Montecchio Nord.  Il papà in licenza per la mia nascita si rivolse a lui che sollecitamente venne a casa nostra. Oltre ad altri consigli mi curò dandomi delle gocce di olio di ricino, tornò il giorno successivo e confessò che non sperava di trovarmi ancora in vita. Continuò le sue visite finché fui fuori pericolo. Fortunatamente il Dott.  Andiloro finita la guerra si stabilì definitivamente a Colico e fu il nostro bravissimo medico di famiglia sino al suo ritiro.

Mi sono chiesta tante volte come la mamma abbia potuto affrontare quel periodo;  sposata diciottenne e andata ad abitare in casa dei suoceri, il papà fu chiamato per il servizio militare poi partì per la guerra ed infine fu fatto prigioniero in un campo di lavoro in Germania.  Escludendo i pochi periodi di licenze fu assente per ben sette anni. Praticamente si è ritrovata in quegli anni a dover gestire una nuova casa, accudire due figli piccoli la nonna inferma, il nonno e la giovane cognata. Inoltre, essendo contadini, bisognava pensare anche agli animali (mucche, maiali, galline) ed ai lavori agricoli (prati, campi, vigna, orti ecc.) grazie ai quali almeno non abbiamo mai sofferto la fame. La mamma raccontava che spesso durante la guerra passavano da casa sia i fascisti che i partigiani che solitamente facevano razzia di cibo ma vedendo la nostra situazione mossi a compassione passavano oltre e non chiedevano nulla. La guerra si concluse che io avevo poco più di tre anni, ho solo dei frammenti visuali.

Mi ricordo che vedevo tante persone che arrivavano a casa nostra e scendevano da una scala esterna in cantina, mi fu detto che succedeva quando suonava la sirena che preannunciava le incursioni aeree allo scopo di colpire con bombe e mitragliatrici la stazione ferroviaria. Cessato l’allarme con i bambini e ragazzi del vicinato si usciva nei prati alla ricerca di bossoli. Quando il papà finalmente tornò dalla guerra per me era uno sconosciuto ed avevo paura, mi nascondevo dietro la carrozzina della nonna. Sicuramente da piccola mi è mancata la vicinanza dei miei genitori; del papà perché assente e della mamma perché in mezzo a mille impegni non aveva certo tempo per le coccole, ma nonostante questo ho capito in seguito quanto bene hanno fatto per noi. Il  papà ci raccontava che, mentre era prigioniero di guerra in Germania dove lavorava in una fattoria come addetto alla riparazione di attrezzi vari, il cibo era scarso, e quando riuscivano a recuperare delle patate le cuocevano nella pentola usata per far sciogliere la colla a bagnomaria così che non potessero essere viste, però alle volte anziché le patate dovevano accontentarsi delle bucce.

Il papà era di carattere riservato, la mamma più gioviale e allegra sono stati un faro per un’educazione attenta e premurosa e non solo a parole ma dando anche esempi di serietà, rispetto, moralità e soprattutto di onestà, raccomandazioni che non ho mai dimenticato. Prima della guerra il papà lavorava nella cartiera del paese ma al ritorno dopo sette anni quel posto non c’era più e dovette cambiare lavoro e lo trovò presso una segheria sempre a Colico, successivamente aprì in proprio un laboratorio di falegnameria ma la situazione finanziaria non cambiò molto. Di lavoro ce n’era ma pochi soldi, veniva pagato con piccoli acconti mensili. Ricordo  che fece dei lavori per una villa e si pensava fossero  più solleciti nel pagamento invece quando andai a chiedere almeno un acconto fui anche trattata male. Appena fui in grado, aiutata da un ragioniere imparai a gestire la piccola contabilità ed un dipendente del papà,  non era complicato come poi fu negli anni successivi. Senza problemi compilavo il libro paga e le comunicazioni all’Inps (Previdenza Sociale) e Inam (Assistenza Sanitaria) ed i relativi versamenti dei contributi, compilavo le fatture  registrandole nell’apposito registro ed annualmente una semplice dichiarazione redditi (Denuncia Vanoni) I nonni paterni erano di origini Valtellinesi e trasferiti a Colico nel 1920. Si davano del Voi, e così pure i miei genitori se si rivolgevano a loro. Noi invece davamo del Tu sia ai genitori che ai nonni. A casa si parlava solo in dialetto.

Come già detto la nonna era inferma, la sua malattia era iniziata dopo la nascita della zia nel 1930, probabilmente non esistevano le cure attuali ed a poco a poco fu costretta su una sedia, poi sostituita da una carrozzella con le ruote. La spostavamo in casa e se bel tempo anche all’esterno. Muoveva solo il braccio destro quel poco per riuscire a mangiare e bere autonomamente, però bisognava tritare tutto e metterle tutto a portata di mano. Per le altre  necessità occorrevano due persone però la mamma doveva sempre esserci. Noi portavamo tanto rispetto e volevamo bene ai nonni, facevamo tanta compagnia alla nonna e lei ci raccontava tante storie della sua epoca, soprattutto di fantasmi e spiriti però non ci mettevano paura perchè finivano sempre bene.

La morte dei nonni ha lasciato un grande vuoto in casa nostra, sono mancati alla distanza di un mese tra loro.  Mi stringe il cuore quando vedo ora le condizioni di certi anziani e la numerosità nelle case di riposo.

 

 

 1914 – Il matrimonio dei nonni paterni

La mia famiglia con i nonni 

 

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