di Adriana Colli
Ho conosciuto anche i nonni materni: però li andavo a trovare a casa loro. Erano contadini come noi e vivevano anche loro del lavoro della terra e allevamento delle bestie, però possedevano anche una baita sui monti e raccoglievano tante castagne, allora erano un’importante fonte di nutrimento. Appena si giungeva da loro la nonna apriva lo scrigno che faceva da dispensa e ci dava le castagne fatte seccare perché così duravano tutto l’anno.
La cucina dei nonni materni era molto più ampia della nostra con un camino grande grande, lateralmente due panche su cui ci si poteva sedere senza scottarsi pur col fuoco acceso. Avevano un orologio a pendolo più grande di me, sempre funzionante, con un tic-tac che non dava fastidio.
Da loro vidi un piccolo locale con dei ripiani coperti di foglie di gelso, con i bachi da seta, che poi a maturazione, venivano venduti per fornire le filande dei paesi vicini. Lo stesso locale dopo la raccolta delle castagne veniva usato per la seccatura delle stesse.
Se ci si recava a trovarli nelle serate d’inverno, c’erano anche tutti i loro vicini di casa, radunati nella loro grande stalla delle mucche per stare al caldo senza sprecare legna. Mentre gli uomini riparavano attrezzi agricoli, le donne filavano la lana o sferruzzavano calze o altro. Raccontavano tante storie e aneddoti divertenti e si concludeva con una cantata.
L’estate i nonni materni la trascorrevano nella baita sui monti, la strada da percorrere a piedi era molto lunga allora mi trattenevo a dormire da loro con i cugini, su un giaciglio di fieno.
Il nonno (pochi mesi all’anno) lavorava stagionalmente in un roccolo a Gravedona (CO), Mi ricordo un grande giardino con numerose piante verdi e circondato da reti dove rimanevano intrappolati gli uccelli di passaggio, il nonno tutti i giorni li prendeva ancora vivi e li uccideva perché erano il sostentamento della famiglia proprietaria. Una domenica sono andata a trovarlo, la mamma ha preso la bicicletta da uomo del papà ed io ero seduta sulla canna e lei doveva pedalare per due. Al ritorno si è forata una gomma e fortunatamente un meccanico di Gera Lario pur essendo festa ci ha fatto la riparazione. L’anno successivo cioè l’alluvione del 1951 ha spazzato via la sua officina e parte del paese e ci furono 17 vittime.
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